mercoledì 30 novembre 2016

IL PENSIERO ANARCHICO


“Vuoi rendere impossibile per chiunque opprimere un suo simile? Allora, assicurati che nessuno possa possedere il potere” (M. Bakunin)




È possibile accostare il pensiero anarchico alla filosofia? Se “filosofia” significa amore per il “sapere”, ricerca mai conclusa del “sapere”, del “conoscere”, del “comprendere”, forse non sono molte le correnti filosofiche dall'età moderna in poi, pur così nominate, a poter rivendicare per sé questa qualifica in senso pieno. La maggior parte di esse si limita infatti ad offrire una specifica visione del mondo o dell'uomo, spesso dettagliata e argomentata, il più delle volte considerata un punto di arrivo. Non è anche l'anarchia una particolare dottrina politica, legata a un determinato momento storico? Se approfondiamo un poco la conoscenza di questo pensiero, ci renderemo conto che una definizione più corretta può essere invece “dottrina etico-politica” (molti pensatori anarchici si sono occupati di problemi etici, basti l'esempio di Kropotkin), e se andiamo ancora avanti nella nostra esplorazione, alla fine arriveremo a concludere che può essere ancora più opportuno riconoscerla come “filosofia etico-politica”, e attribuirle quindi lo spazio a cui ha pieno diritto all'interno del pensiero filosofico in senso lato. Potremmo anche dire, rifacendoci ad Aristotele, che si tratta di una “filosofia pratica”, in quanto caratterizzata dall'azione, sia come scopo che come oggetto.

venerdì 4 novembre 2016

Antisemitismo, l'incitamento razziale, la deificazione della razza.

Una disputa interna ebraica. 

Antisemitismus, Rassenhetze, Rassenvergottung. 

Eine innerjüdische Auseinanderset­zung 

Gurewitsch Abraham
Gianantonio Valli
 

<< Tra i più lucidi avversari ebrei del sionismo comunque inteso è l’«apostata» Abraham Gurewitsch, membro dei Knaanim, un gruppo che si definisce "Je­wish World Organization for truth, liberty, honour, justi­ce and peace" “Organiz­za­zione Mondiale Ebraica per la verità, la libertà, l’onore, la giustizia e la pace”. Indignato per l’ag­gressività razzistica dimostrata contro i tedeschi dai confratelli dopo la «campagna del­le svastiche» scate­nata da Natale 1959 a metà feb­braio 1960 (ottocentotrentatré atti di «antisemitismo»: im­brat­tamento di muri con svasti­che, vio­la­zione di cimi­te­ri, danni a pro­prie­tà ebrai­che, etc. scatenati a Colonia e nell’intera Re­na­nia da assoldati della Stasi/KGB agli ordini del generale sovieti­co Aga­yanz della Se­zio­ne Dezinfor­ma­cija), l’antisioni­sta, dopo avere rilevato l’impro­prietà semanti­ca del termine «antisemi­ta», va al cuore della Judenfrage: